Il 17 luglio scorso, con la Sentenza n. 19167/2019, la Cassazione è tornata nuovamente sul tema dell’imposizione indiretta del Trust, confermando l’indirizzo intrapreso già ad inizio anno con la Sentenza n. 1131 del 17 gennaio 2019 e mantenuto dalle Sentenze del 7 e 21 giugno scorsi.
La Suprema Corte ribadisce come l’atto di istituzione di trust, per il solo fatto di costituire un vincolo di destinazione, non sia presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, a norma dell’art. 2 c. 47 del DL 262/2006, così come non lo è l’atto di trasferimento dei beni al Trustee, in quanto meramente strumentale.
I giudici di legittimità aggiungono inoltre, a fondamento di questo oramai consolidato orientamento, come ogni tributo debba trovare un oggettivo e ragionevole collegamento con un effettivo indice di ricchezza, cioè di capacità contributiva e, nel trust, questo indice può rinvenirsi soltanto al termine del percorso del trust medesimo.
La Cassazione è chiara nell’affermare come questi principi si adattino a tutte le tipologie di trust, andandosi così a creare un “sistema di imposizione proporzionale eventuale e differita”. Eventuale perché proprio come nel caso di specie – trust solutorio istituito al solo fine di soddisfare i creditori del disponente – il presupposto della creazione di nuova capacità contributiva non può considerarsi realizzato nemmeno al momento del trasferimento finale ai creditori/beneficiari, in quanto nella fattispecie il trasferimento non costituirà un arricchimento imponibile ai fine dell’imposta di donazione e successione, ma bensì soltanto la realizzazione di una posta attiva che questi ultimi avevano già anteriormente nel loro patrimoni, vale a dire la trasformazione del loro credito in denaro.
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