L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 258 del 16 dicembre 2024, ha analizzato la rilevanza fiscale di tre trust istituiti negli Stati Uniti d’America ed ha ricordato che per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato, con riferimento ai redditi da essi prodotti, nei confronti del beneficiario residente, ai fini della imputazione o dell’attribuzione, rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir.
L’Agenzia ha ribadito con tale documento di prassi che, ai fini fiscali, non possono essere considerati effettivi i trust istituiti per realizzare un’interposizione nel possesso di redditi. Deve essere considerato inesistente il trust nel quale il Trustee nell’esercizio del proprio potere gestionale e dispositivo è condizionato dalla volontà del disponente e/o del beneficiario. I redditi derivanti da un trust considerato trasparente, distribuiti ai beneficiari puntualmente individuati, devono essere considerati redditi di capitale da tassare in capo agli stessi.
Nel caso in oggetto l’Istante, figlia del disponente deceduto ed unica beneficiaria di tre trust, è cittadina americana fiscalmente residente in Italia. I tre trust, non commerciali, sono disciplinati dalla legge del Texas, la Texas Trust Code, non vi è alcun guardiano e sono amministrati dal medesimo Trustee persona fisica residente in Texas.
L’istante desiderava avere chiarimenti circa il corretto inquadramento fiscale dei tre trust ai fini delle imposte dirette e delle attribuzioni patrimoniali erogate dagli stessi a suo favore.
L’Agenzia delle Entrate nella sua riposta procede dunque analizzando separatamente ogni singolo trust.
Il trust 1 era stato istituito per volontà del Disponente, nonché primo beneficiario del medesimo, come trust revocabile per volontà dello stesso Disponente. Tale trust era da considerarsi opaco poiché la figlia, divenutane beneficiaria, non aveva alcun diritto a pretendere distribuzioni di somme. Tuttavia, l’atto istitutivo conteneva una clausola che attribuiva alla beneficiaria il potere di revocare “in ogni tempo” il Trustee, prevedeva stringenti obblighi di rendicontazione a favore della stessa e dunque limitava fortemente la piena discrezionalità ed autonomia del Trustee. Sulla base di tali elementi, l’Agenzia ritiene che il trust 1 sia da considerare inesistente ai fini fiscali italiani. Di conseguenza, l’Istante deve essere individuata come interponente ai fini fiscali in Italia ed alla stessa deve riferirsi il reddito, ai sensi dell’articolo 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il trust 2 era stato istituito ad esclusivo beneficio dell’Istante e di eventuali suoi figli. In caso di decesso dell’Istante, in assenza di figli, il fondo del trust 2 dovrebbe essere distribuito ai rimanenti trust creati, contemporaneamente, per gli altri figli del Disponente. L’atto istitutivo di tale trust, a differenza del precedente, prevedeva un obbligo di distribuzione del reddito prodotto nell’anno, nonché la possibilità per la beneficiaria di chiedere ulteriori distribuzioni, una tantum, a condizione del benestare del Trustee e che vi fossero disponibilità nel fondo. L’Agenzia, quindi, riteneva che il Trust 2 fosse qualificabile come trasparente in quanto sussiste un diritto della Beneficiaria a ricevere distribuzioni annuali da parte dello stesso tali da renderla titolare di reddito individuato. Ne consegue che, il reddito del trust 2 deve essere ”imputato” all’ ”Istante” e tassato come reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust 2 sia o meno da considerare residente in Italia. In questo trust, l’assenza di autonomia del trustee doveva ravvisarsi unicamente nell’assenza di discrezionalità in merito all’an ed al quantum delle distribuzioni, poiché elementi già determinati in sede di atto istitutivo. Tale limitazione non configurava un elemento che potesse inficiare la validità dello stesso trust.
Il Trust 3 era stato istituito anch’esso ad esclusivo beneficio dell’Istante attribuendo al Trustee la proprietà di alcuni immobili. L’atto istitutivo di tale trust a sua volta conteneva clausole che limitavano fortemente i poteri del Trustee. In particolare, l’obbligo imposto al Trustee di consultare e ricevere consenso scritto, al fine di raggiungere una decisione unanime, dei fratelli della Beneficiaria in merito alle ”Maggiori Decisioni” che riguardano la gestione del patrimonio. La stesura dell’atto istitutivo induceva quindi a ritenere che la gestione del trust non potesse avvenire in totale autonomia rispetto alle volontà della Beneficiaria stessa, che conserva un potere di ingerenza per il tramite dei fratelli. Sulla base di tali elementi, l’Agenzia ritiene che il trust 3 sia da considerare inesistente ai fini fiscali italiani. Di conseguenza, l’Istante deve essere individuata come interponente ai fini fiscali in Italia ed alla stessa deve riferirsi il reddito, ai sensi dell’articolo 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Per i due trust considerati fiscalmente inesistenti l’Agenzia ha dunque confermato l’assoggettamento dei redditi da essi derivanti per imputazione direttamente in capo alla beneficiaria interponente, seguendo le categorie reddituali previste dall’art. 6, TUIR. Con riferimento invece al trust 2, l’Agenzia conclude per l’imputazione del reddito per trasparenza direttamente in capo alla beneficiaria residente in Italia, poiché beneficiaria individuata ai sensi dell’art. 73, comma 2, TUIR, classificandolo come reddito di capitale.