Con due recenti pronunce la Suprema Corte ha esaminato la tassazione di alcuni tipi di donazioni, soffermandosi sulle norme applicabili alle cosiddette “liberalità indirette” risultanti da atti informali.
Si ha una donazione indiretta nei casi in cui si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un impoverimento del disponente senza che sia stipulata una donazione “formale”, vale a dire un atto pubblico notarile ricevuto in presenza di due testimoni; si pensi ad esempio al caso del padre che paga un prezzo dovuto dal figlio.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28047 depositata il 9 dicembre 2020, confermato l’importante principio secondo il quale le donazioni indirette risultanti da una dichiarazione resa dall’interessato nel corso di un accertamento tributario sono tassate, ai fini dell’imposta di donazione e successione, per la parte eccedente la franchigia applicabile, con l’aliquota massima dell’8%.
Alla donazione indiretta non si applicano le regole formali della donazione ex art. 782 C.C., ma si applicano tuttavia le regole sostanziali che il codice civile detta in materia di donazioni, come le norme in tema di lesione della quota di legittima.
A seguito della reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni avvenuta con il D.L. 262/2006 sono sorti dubbi in merito alla corretta applicazione dell’imposta già precedentemente disciplinata dell’art. 56-bis D.lgs. 346/1990.
Infatti l’articolo 56-bis non solo fa riferimento ad aliquote (3, 5 e 7 per cento) diverse da quelle previste dal D.L. 262/2006 (4, 6 e 8 per cento), ma considera anche una franchigia di 350 milioni di lire per ciascun beneficiario quando invece la franchigia oggi prevista è di 1 milione di euro per le sole donazioni tra coniugi o parenti in linea retta.
La Suprema Corte ha sottolineato che l’art. 56-bis non può ritenersi implicitamente abrogato a seguito dell’emanazione del D.L. 262/2006 e che lo stesso intende da un lato incentivare l’autodichiarazione del contribuente, dall’altro limitare l’esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.
La Corte di Cassazione giunge quindi a concludere che “le liberalità diverse dalle donazioni… sono accertate e sottoposte ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito dei procedimenti diretti all’accertamento dei tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti: euro 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta….Per le fattispecie di liberalità imponibili come sopra individuate, l’aliquota da applicare è quella dell’8% che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla legge, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario…”.
Infine, con l’ordinanza n. 27665 depositata il 3 dicembre 2020, la Cassazione ha affermato che le donazioni nulle per carenza di forma rientrano comunque nel campo di applicazione dell’imposta di donazione e successione da tassare come liberalità indirette e non come donazioni dirette nulle, in considerazione delle difficoltà accertative esistenti per le liberalità non formali.