L’acquisto di un immobile proveniente da una donazione può comportare un rischio: l’erede legittimo del donante, dopo aver escusso senza successo il patrimonio del donatario, può infatti esercitare un’azione di riduzione per lesione della legittima al fine di ottenere la restituzione del bene alienato dal donatario.
Tuttavia i presupposti per tale azione possono essere verificati solo all’apertura della successione del de cuius, sulla base dei beni ancora di proprietà dello stesso e quelli donati al momento del decesso.
Le donazioni, inoltre, sono riducibili solo successivamente all’esaurimento dei beni relitti ed in ordine cronologico dalla data più recente alla più remota.
Mediante la sentenza n. 32694/2019, la Corte di Cassazione ha individuato i rimedi esperibili da un promissario acquirente che abbia avuto conoscenza della provenienza dell’immobile solo in seguito alla sottoscrizione del preliminare di compravendita.
Secondo la Suprema Corte, l’origine donativa del bene non determina automaticamente il rischio di rivendica ed è possibile ricorrere alla sospensione del pagamento del prezzo prevista dall’art. 1481 c.c. solo se sussiste un pericolo concreto: il legittimario dovrebbe infatti aver accertato che il patrimonio del de cuius e quello del donatario non siano capienti per reintegrare la quota lesa e deve aver manifestato la volontà di agire con quella specifica donazione.
Tuttavia, la donazione dell’immobile impatta comunque sull’acquisto rendendolo più rischioso e può inoltre essere motivo di diniego da parte degli istituti di credito alla concessione di mutuo ipotecario.
La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso del promissario acquirente affermando che lo stesso abbia diritto a rifiutare la sottoscrizione del contratto definitivo eccependo l’inadempimento del promittente venditore ex art. 1460 c.c..