Con l’ordinanza 14 novembre 2019, n. 29642, la Suprema Corte affronta nuovamente il tema della tassazione indiretta dell’atto di trasferimento di beni in trust.
Nel caso di specie, in sede di trasferimento in trust di beni immobili soggetti ad interesse artistico, storico e archeologico soggetti alla legge n. 1089/1939, i disponenti avevano chiesto l’applicazione delle agevolazioni fiscali (vigenti nel 2006) previste dalla Tariffa parte prima allegata al DPR n. 131/86 e dalla legge 512/82. L’Agenzia delle Entrate aveva però revocato l’agevolazione consentita in quanto non erano state soddisfatte alcune delle condizioni richieste, procedendo al recupero delle normali imposte.
La Suprema Corte, chiamata ad esprimersi sulla applicabilità o meno dell’aliquota agevolata del 3%, focalizza la propria risposta non tanto sul regime agevolativo in sé quanto piuttosto sull’operazione sostanziale operata tra le parti. La fattispecie sottostante è essenzialmente un atto neutro, non oneroso e non comportante alcun trasferimento di ricchezza tra disponente e trustee, che deve essere assoggettato alla sola imposta fissa.
Con la pronuncia in esame la Corte ritorna quindi a ribadire quanto già durante tutto questo anno affermato dai Giudici di legittimità: l’atto con il quale vengono conferiti in trust beni mobili o immobili non deve essere assoggettato ad imposizione in misura proporzionale (imposta di donazione, registro e ipo-catastale), in quanto non configura un trasferimento di ricchezza o un arricchimento del trustee, ma esclusivamente un atto strumentale di costituzione di un vincolo di destinazione. Un impostazione differente da questa andrebbe a confliggere con il principio costituzionale di capacità contributiva che impone la tassazione esclusivamente di ricchezze attuali ed effettive.
La novità che questa pronuncia porta con sé è che i Giudici di legittimità hanno applicato il nuovo orientamento anche ad una fattispecie originata in un periodo in cui l’imposta sulle successioni e donazioni era abrogata.