Il Tribunale di Ascoli Piceno, con una sentenza del 19 agosto 2024, nell’ambito di un contratto di affidamento fiduciario, ha approfondito il tema della revocabilità ex art. 2901 c.c.
Nel caso in oggetto il legale rappresentante di una società a responsabilità limitata sottoscriveva un contratto di mutuo chirografario a medio termine di originari euro 100.000,00 garantito da fideiussione specifica a firma dei tre soci della suddetta società. L’attrice, socia della s.r.l., cedeva quindi la sua quota di partecipazione e gli altri soci si impegnavano espressamente ed irrevocabilmente a tenerla indenne da qualsivoglia richiesta di pagamento da parte del suddetto istituto bancario, manlevando essa stessa da ogni responsabilità. L’istituto di credito successivamente costituiva in mora i fideiussori poiché non risultavano pagate dieci rate del mutuo e veniva notificato alla società ed ai fideiussori un decreto ingiuntivo. Successivamente, al ricevimento del suddetto decreto, uno dei soci manlevatori cedeva, con contratto di affidamento fiduciario a titolo gratuito, alla moglie, fittiziamente e al solo scopo di sottrarre il bene alla garanzia patrimoniale, un bene immobile. L’ex socia agiva dunque per la simulazione assoluta del contratto di affidamento fiduciario e perché lo stesso fosse revocato.
Il Tribunale di Ascoli Piceno preliminarmente evidenziava che la domanda di simulazione era da qualificare alla stregua di azione di nullità volta ad accertare l’inesistenza di un negozio giuridico privo di effetti per volontà delle stesse parti e si doveva porre su un piano autonomo rispetto all’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., volta a far dichiarare l’inefficacia di un contratto valido e produttivo di effetti. Tuttavia, anche costituendo due domande diverse erano proponibili, seppur in via alternativa o subordinata anche cumulativamente
Secondo il giudice, la domanda di simulazione non poteva essere accolta poiché, nel caso di specie, non si riteneva raggiunta la prova della simulazione assoluta dell’affidamento fiduciario intercorso tra le parti convenute, poiché “nei contratti come quello in esame non è determinante la circostanza che tra le parti intercorra un rapporto familiare, atteso che ciò è compatibile con il vincolo di destinazione e risponde altresì alla natura fiduciaria del contratto”. Per integrare gli estremi di una simulazione non è sufficiente la prova che, attraverso l’alienazione, il debitore abbia voluto sottrarlo alla garanzia dei creditori, ma bisogna provare specificamente che questa alienazione “sia stata soltanto apparente, nel senso che – in caso di simulazione oggettiva – né l’alienante abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né l’altra parte abbia inteso acquisirla”.
Il contratto di affidamento fiduciario, anche se non determina la fuoriuscita dei beni dal patrimonio del disponente, comporta tuttavia un effetto di segregazione patrimoniale così da imprimere ai beni una destinazione idonea a sottrarli alla generica garanzia dei creditori. I beni dell’affidante vengono solo formalmente intestati all’affidatario, ma sostanzialmente appartengono al beneficiario, in quanto beni gestititi nell’interesse del beneficiario al quale andranno successivamente trasferiti. Ai fini dell’accoglimento di una domanda ex artt. 2901 e seg. c.c., era necessario che esistesse una ragione o aspettativa di credito in capo all’attore, ancorché solo eventuale o litigioso, purché non assolutamente pretestuosa; un atto di disposizione del proprio patrimonio da parte del debitore, tale da poter pregiudicare o rendere più difficoltosa o più incerta la realizzazione coattiva del credito e che l’atto di disposizione a titolo gratuito si risolva non già nella conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore, ma nella semplice consapevolezza del pregiudizio che ragionevolmente può derivare alle ragioni creditorie dal compimento dell’atto stesso. Veniva quindi accolta l’azione revocatoria.
ll Tribunale, quindi, concludeva che “non si ritiene raggiunta la prova della simulazione assoluta dell’affidamento fiduciario intercorso tra le parti convenute. Invero, nei contratti come quello in esame non è determinante la circostanza che tra le parti intercorra un rapporto familiare, atteso che ciò è compatibile con il vincolo di destinazione e risponde altresì alla natura fiduciaria del contratto” e che “quando, come nel caso che ci occupa, l’atto di disposizione è a titolo gratuito il requisito della “scientia damni” richiesto a norma dell’art. 2901, co. 1, n. 1), c.c. si risolve, non già nella conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore, ma nella semplice consapevolezza del pregiudizio che ragionevolmente può derivare alle ragioni creditorie dal compimento dell’atto. Il requisito della consapevolezza da parte del debitore del carattere pregiudizievole degli atti dispositivi in questione, nel caso di specie, si ricava, sul piano presuntivo, ricostruendo la cronologia degli avvenimenti, atteso che, dalla documentazione in atti, emerge che il contratto di affidamento fiduciario veniva concluso pochi mesi dopo l’emissione del decreto ingiuntivo.
A ciò si aggiunga che la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il fiduciario nonché il fatto che anche quest’ultimo aveva prestato, al pari dell’attrice, fideiussione, rende estremamente inverosimile che la esso stesso non fosse a conoscenza della situazione debitoria del disponente. Pertanto, i contraenti erano ben consci del danno che ragionevolmente poteva derivare alle ragioni creditorie dal compimento dell’atto”.
Il giudice dichiarava quindi l’inefficacia, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2901 e 2902 c.c., del negozio di affidamento fiduciario ed il relativo trasferimento a scopo fiduciario del diritto di piena proprietà dell’immobile.