La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1735 del 16 gennaio 2024, ha chiarito che la perdita del diritto di accettare l’eredità, conseguente all’omessa dichiarazione nell’ambito di un’actio interrogatoria ex art. 481 c.c., è priva di effetti se sia precedentemente intervenuta l’accettazione tacita del chiamato, poiché quest’ultima è irrevocabile e comporta il definitivo acquisto della qualità di erede, secondo il principio semel heres, semper heres (una volta erede, sempre erede).
Nel caso in oggetto, un istituto di credito aveva avviato un’espropriazione forzata nei confronti della figlia di due debitori allo scopo di pignorare alcuni immobili che erano stati di proprietà dei debitori stessi. Dalla documentazione ex art. 567 c.p.c. era emersa la mancata trascrizione del diritto mortis causa in favore dell’esecutata. Poiché quest’ultima non aveva ancor trascritto la propria accettazione dell’eredità, il tribunale le aveva fissato un temine entro il quale dichiarare l’accettazione o la rinunzia. Entro tale termine non veniva resa alcuna dichiarazione. La banca, conseguentemente, promuoveva un’azione ex art. 524 c.c. per impugnare tale rinuncia ed essere autorizzata all’accettazione in sua vece. Il giudizio di primo grado si concludeva con l’ordinanza del Tribunale di Torino che autorizzava la banca ad accettare. Nel frattempo, era stato accolto il ricorso ex art 702 bis c.p.c. di un altro creditore, il quale aveva adito il Tribunale affinché accertasse che l’esecutata avesse in verità già accettato l’eredità tacitamente in un momento antecedente al suddetto ricorso ex art 481 c.c. I figli dell’esecutata avevano presentato dunque ricorso per opporsi agli atti esecutivi rivendicando la proprietà dei beni, e sostenendo di aver acquisito l’eredità dei nonni mediante accettazione espressa, dopo che la madre era decaduta da tale diritto. La loro obiezione principale era che l’actio interrogatoria, con conseguente perdita del diritto di accettare l’eredità sancita da un provvedimento giudiziale divenuto definitivo, rendesse impossibile valutare se l’erede avesse già tacitamente accettato l’eredità in un momento anteriore.
La Corte Suprema di Cassazione ha confermato che lo spirare del termine determina la perdita del diritto di accettare l’eredità, soltanto a condizione che non sia già stata precedentemente acquisita la qualità di erede. Infatti, in base al principio semel heres, semper heres la qualità di erede non può essere dismessa per volontà o inerzia dell’erede stesso, nemmeno quale conseguenza del procedimento ex art. 481 cod. civ. Quindi, l’accettazione tacita dell’eredità prevale sulla perdita del diritto di accettare, in quanto quest’ultima è priva di effetti se l’erede ha già manifestato la sua volontà di accettare l’eredità in modo inequivocabile.
I creditori, dunque, non perdono il diritto di accertare se un bene pignorato sia stato acquisito per eredità dal debitore. La Corte di Cassazione ha chiarito che questo diritto non è soggetto a termini di decadenza o prescrizione, neanche quando il bene pignorato viene messo in vendita. Tuttavia, se il creditore non dimostra, attraverso una serie di trascrizioni, che il bene è di proprietà del debitore esecutato, non può ottenerne la liquidazione del bene pignorato. Se viene pignorato un diritto reale di provenienza ereditaria, ai fini della verifica della titolarità di tale diritto in capo al debitore è irrilevante che la trascrizione dell’accettazione dell’eredità manchi al momento del pignoramento, purché essa intervenga prima della liquidazione del bene. La vendita forzata eseguita senza che sia stata trascritta l’accettazione dell’eredità non è né invalida, né inefficace, ma eventualmente assoggettabile a evizione, fatta sempre salva, senza limite temporale alcuno, la possibilità di ripristino della continuità delle trascrizioni.