La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18732 del 9 luglio 2024, affronta ancora una volta il tema dell’esenzione dall’imposta di successione nell’ambito del passaggio generazionale dell’imprenditore e legittima l’esenzione di cui all’art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 346/1990, nel caso in cui venga integrato il requisito del controllo sommando le quote già detenute in proprio da un soggetto, con quelle successivamente ereditate in comproprietà.
Nel caso di specie l’Amministrazione Finanziaria aveva negato l’esenzione dall’imposta di successione a due contribuenti che avevano ricevuto in comunione ereditaria delle quote di una società usufruendo delle agevolazioni di cui all’art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 346/1990, poiché tali partecipazioni, sommate a quelle già precedentemente detenute da ciascuno singolarmente, consentivano di integrare il requisito del controllo di cui all’art. 2359 c.c.
I giudici di primo grado e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglievano le censure dei contribuenti e quindi l’Agenzia delle Entrate ricorreva davanti ai giudici di legittimità.
La Suprema Corte, richiamando la propria sentenza n. 7429 del 17 marzo 2021, afferma che in tema di imposta sulle donazioni, l’esenzione prevista dall’art.3 comma 4- ter del DLgs. n. 346 del 1990 per i patti di famiglia aventi ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali a favore dei discendenti, va riconosciuta ai soli casi in cui esso consente agli aventi causa l’acquisizione o l’integrazione del controllo della società e condizione che quest’ultimi si impegnino, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, a proseguire l’esercizio dell’attività.
Nel caso di trasferimento a più discendenti in comproprietà, il beneficio deve essere riconosciuto a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabile nell’assemblea ordinaria, essendo così realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa mediante trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti.
La presenza di una comunione ereditaria di azioni non impedisce il controllo della società ai possessori delle quote. La norma non distingue, infatti, il tipo di comunione e non richiede una corrispondenza soggettiva perfetta (comunione ereditaria di azioni e singoli soci) per il controllo della società.