Gli Studi del Consiglio Nazionale del Notariato n. 47 e n. 48 del 1° febbraio 2023, entrambi pubblicati il 15 settembre 2023, analizzano le difficoltà applicative di quanto contenuto nella circolare n. 34/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate. Tali difficoltà potrebbero infatti vanificare l’intento di ridurre il contenzioso tributario in materia che la suddetta circolare mirava ad ottenere. Il documento di prassi, pur accogliendo formalmente il principio della tassazione al momento dell’assegnazione dei beni ai beneficiari, non ha infatti risolto tutte le incertezze interpretative. Secondo il Consiglio del Notariato, alla base delle difficoltà interpretative ed applicative incontrate dell’Amministrazione Finanziaria ci sarebbe una mancata piena comprensione dell’istituto giuridico del trust.
Lo studio n. 47, partendo dall’analisi della menzionata Circolare che ha recepito l’ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione in materia, si prefigge lo scopo di dare rilevanza al principio in base al quale “la dotazione di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile bensì rappresenta un atto generalmente neutro”. L’Agenzia delle Entrate in tale ambito sembra dare per assodata l’applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa sia all’atto di istituzione del trust quanto all’atto di dotazione mentre risulterebbe giustificata e legittima l’applicazione di una sola imposta in misura fissa all’atto che contiene tanto la volontà istitutiva del trust quanto quella di conferimento dei beni e diritti al trustee. Si tratta infatti di azioni che concorrono a realizzare un’unica intenzione del disponente e sono prive di un’autonoma rilevanza patrimoniale fiscalmente rilevante.
Vengono quindi svolte considerazioni in ordine alle eventuali esenzioni e/o agevolazioni spettanti ai beneficiari, al ricorrere dei presupposti, in sede di atto di dotazione ed alla eventuale decadenza del disponente dalle agevolazioni “prima casa”, ricollegando l’argomentazione ai trasferimenti di aziende o rami di esse o di partecipazioni a favore dei discendenti e del coniuge, segregate in trust. Posto che la tassazione dei trasferimenti ai beneficiari avviene al termine del trust (o a fronte di attribuzione di beni patrimoniali), occorre ritenere, coerentemente con questa regola, che in caso di trasferimento di partecipazioni di controllo di società di capitali in capo al trustee non debba essere resa, in quel momento, alcuna dichiarazione e che, conseguentemente, in caso di alienazione infraquinquennale, non si incorra in alcuna decadenza. Alla data del trasferimento si verificherà l’esistenza dei requisiti ed i beneficiari renderanno la dichiarazione nel caso in cui intendano usufruire dell’esenzione richiesta dall’art. 3 comma 4-ter del TUSD. Con riferimento, infine, agli acquisti da parte del trustee, in ordine alla inapplicabilità della regola ‘prezzo- valore’ e delle agevolazioni previste per le persone fisiche, viene analizzato se, al contrario, sussistano i presupposti di applicazione agli acquisti operati dal trustee persona fisica, non realizzati nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, anche grazie al conforto in tal senso offerto dalla giurisprudenza della Suprema Corte.
Lo studio n. 48 analizza la disciplina fiscale dei trust ai fini della imposizione diretta e indiretta. Nel conformarsi all’orientamento giurisprudenziale che fissa il principio della tassazione “in uscita”, con conseguente applicazione delle imposte in misura fissa “in entrata”, la Circolare individua talune ipotesi di tassazione immediata (cioè, fatta nel momento in cui i beni confluiscono nel trust) che lo studio esamina criticamente. In questi casi l’imposta di donazione sarebbe dovuta immediatamente ed applicata per trasparenza ai beneficiari. La tesi sostenuta è che, in ogni caso, l’applicazione delle imposte presuppone il conseguimento definitivo della posizione soggettiva di beneficiario finale del trust. L’Agenzia sembra così assimilare erroneamente il trust al contratto a favore di terzo genando una lunga serie di conseguenze che complicano la corretta applicazione delle imposte sugli atti di segregazione.
La seconda parte dello studio affronta invece la tematica del trust interposto criticando l’orientamento dell’Agenzia, in particolare in tema di imposta di successione. In assenza di un accertamento giudiziale da cui risulti che il trust è una struttura negoziale non qualificabile come interposta non si può affermare che in caso di morte del disponente i beni in trust facciano parte del suo asse ereditario. Infatti, a seguito della morte del disponente non si verifica alcun arricchimento a favore dei suoi eredi: coloro che si arricchiranno saranno invece i beneficiari del trust, ai quali il trustee attribuirà il fondo in trust al termine del medesimo e l’imposta si applicherà in occasione di tale trasferimento. Se il fondo in trust facesse parte dell’attivo ereditario, si determinerebbe una doppia tassazione all’interno dello stesso tributo ed inoltre non appare sostenibile che possano fare parte dell’asse ereditario del disponente i beni acquistati successivamente dal trustee, essendo beni che non hanno mai fatto parte del patrimonio del disponente. L’affermazione dell’Agenzia è quindi infondata, perché se l’erede subentra nella medesima posizione giuridica del defunto l’acquisto a titolo di erede giocoforza deve avere ad oggetto diritti che fanno parte del patrimonio del defunto, la cui appartenenza si determina sulla base del diritto civile, non del diritto tributario.