L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 309 del 28 aprile 2023 ha chiarito che i redditi prodotti da un trust estero non commerciale, se sottoposti ad un adeguato livello di tassazione nel paese d’origine, non sono imponibili in Italia, in quanto, in questo caso, il trust non si considera stabilito in un paese a fiscalità privilegiata.
Rispondendo al suddetto interpello, l’Amministrazione Finanziaria si è occupata di analizzare un caso pratico relativo all’applicazione della regola di tassazione dei redditi attribuiti a beneficiari residenti in Italia da parte di trust opachi esteri. Nel caso di specie l’istante è beneficiaria di un trust statunitense, opaco e non commerciale. Secondo la legislazione fiscale americana, il trust presenta le caratteristiche di un ”complex’ trust”. In questa tipologia di trust il trustee può scegliere di distribuire una parte di reddito imputando l’altra parte a riserva di capitale oppure di non effettuare alcuna distribuzione. Il complex trust subisce negli Stati Uniti una tassazione autonoma e l’eventuale distribuzione di redditi sconta, inoltre, una tassazione in capo al beneficiario e, nel caso di beneficiario estero non cittadino statunitense, l’Amministrazione finanziaria USA applica una ritenuta in uscita che nel caso in esame era pari al 15% dell’ammontare lordo complessivo. Alla luce di ciò, il contribuente rappresentava nell’istanza che il reddito del trust era soggetto ad una aliquota nominale di circa il 29%, potendosi così qualificare come un trust a fiscalità ordinaria.
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che, secondo la vigente normativa e come già chiarito dalla circolare n. 34/E del 2022, se un trust opaco è stabilito in un territorio che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, integra un livello di tassazione inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, le attribuzioni di reddito da parte del trust al beneficiario (anche se non individuato) sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale in base al criterio di cassa. Inoltre, si deve tener conto anche di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale.
Nel caso di trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria, bisogna confrontare il livello di tassazione del paese di stabilimento del trust estero con quello applicabile in Italia sui redditi della stessa natura, facendo sempre riferimento al momento della produzione del reddito. Se non emerge da apposita documentazione contabile ed extracontabile la distinzione fra patrimonio e reddito, l’intero ammontare percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia. A tal fine, il trustee deve mantenere una contabilità analitica che distingua la parte riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari, dalla quota riferibile ai redditi realizzati, al netto di eventuali attribuzioni ai beneficiari.
Le attribuzioni da parte del trust statunitense, che hanno già scontato una tassazione congrua, erogate a favore di un beneficiario residente in Italia, non danno luogo a tassazione in capo allo stesso poiché non rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies del Tuir applicabile ai redditi provenienti da paesi considerati a fiscalità privilegiata. Inoltre, l’istante, per quanto nominativamente indicata nella Classe Discrezionale dei Beneficiari, non si può considerare beneficiaria di reddito individuato, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Tuir, vale a dire soggetto che esprime, rispetto al reddito del Trust, una capacità contributiva attuale, secondo quanto indicato nella circolare n. 48/E del 2007.