L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 552 del 25 agosto 2021, è intervenuta in relazione all’ambito di applicazione dell’esenzione da imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 3, comma 4-ter del D.lgs. n. 346/1990, adottando un’interpretazione alquanto restrittiva della norma.
Secondo l’articolo 3, comma 4-ter del D.lgs. n. 346/1990, sono esenti da imposizione i trasferimenti di aziende o partecipazioni (anche effettuati mediante patti di famiglia) effettuati a favore dei discendenti e del coniuge del dante causa.
Se oggetto di trasferimento sono quote e azioni, il beneficio è accordato a condizione che il trasferimento stesso consenta al beneficiario di acquisire o integrare il controllo della società ai sensi dell’art. 2359 comma 1, n.1 Cod. Civ.
Inoltre, ai fini dell’applicazione dell’esenzione i beneficiari sono tenuti a proseguire l’esercizio dell’attività o a mantenere il controllo per almeno cinque anni dalla data del trasferimento.
Nella risposta, l’Amministrazione finanziaria, abbracciando la tesi di una parte della dottrina, sostiene che la norma deve essere interpretata considerando la ratio giustificativa del beneficio, riconducibile alla volontà di agevolare il subentro in realtà imprenditoriali produttive.
Laddove il passaggio generazionale abbia ad oggetto una partecipazione di controllo in una holding, è necessario – sostiene l’Agenzia – che in capo alla Holding sussistano contemporaneamente due condizioni:
- la prima è che le partecipazioni detenute dalla Holding siano in società operative, tali da potere configurare l’effettivo esercizio dell’impresa familiare;
- la seconda è che, per la fruizione dell’agevolazione, è necessario che la Holding detenga partecipazioni di controllo nella o nelle società operative, non essendo quindi sufficiente, ai fini della determinazione del requisito, il controllo della sola holding dal parte del donante, laddove a questo non consegua anche il controllo indiretto delle partecipate.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce:
L’Agenzia delle Entrate facendo riferimento alla sentenza n. 120 del 23 giugno 2020 della Corte Costituzionale, chiarisce che lo «scopo della norma è innanzitutto evincibile dal suo tenore letterale che, da un lato, riguarda esclusivamente complessi aziendali, partecipazioni sociali e azioni; dall’altro, subordina la fruizione del beneficio a condizione che i discendenti proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo di almeno cinque anni»; l’agevolazione «non è destinata direttamente all’impresa ma ad agevolare la continuità a favore dei discendenti nel momento del passaggio generazionale».
Conclude pertanto l’Agenzia delle Entrate affermando che «Ciò che merita rilievo, quindi, è la necessaria ed indispensabile presenza dell’oggetto principale della disposizione agevolativa in esame, vale a dire la sussistenza di un’azienda di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, anche per evitare una conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico”. Di contro, ne deriva che in assenza di una azienda, l’applicazione dell’agevolazione de qua violerebbe la ratio della disposizione medesima».
Oggetto imprescindibile della norma agevolativa sarebbe quindi l’esistenza di una realtà aziendale produttiva, quale garanzia inoltre del mantenimento dei livelli occupazionali e quindi del diritto al lavoro.
Alla luce di quanto espresso dall’Amministrazione Finanziaria si aprirà probabilmente un notevole dibattito, in considerazione del fatto che, ai fini della gestione del passaggio generazionale delle imprese, in questi anni spesso si è ricorsi al conferimento di partecipazione in società holding ad hoc costituite con successivo trasferimento ai discendenti, in esenzione d’imposta, delle partecipazioni della holding stessa.