La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 21006 del 22/07/2021 ha chiarito che: «Il chiamato all’eredità che abbia ad essa validamente rinunciato non risponde dei debiti tributari del “de cuius” neppure per il periodo intercorrente tra l’apertura della successione e la rinuncia; neanche se risulti tra i successibili “ex lege” o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione) poiché, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art.521 c.c. egli è considerato come mai chiamato alla successione e, pertanto, non deve più essere annoverato tra i successibili».
Quanto espresso dalla Suprema Corte avvalora un principio di carattere generale.
Il chiamato all’eredità che rinunci alla stessa, non può essere considerato in alcun modo titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, nemmeno in ambito tributario.
L’Agenzia delle Entrate, come ogni altro creditore, può utilizzare unicamente gli strumenti offerti dal Codice civile a tutela della relativa posizione, essendole infatti preclusa qualsiasi possibilità di accertamento tributario.
La rinuncia da parte del potenziale beneficiario dell’asse ereditario, ha efficacia ex tunc, quindi non sono opponibili allo stesso nemmeno i debiti compresi nell’intervallo di tempo che va dall’apertura della successione fino alla formalizzazione della rinuncia stessa.
La Corte di Cassazione con questa sentenza ha ribadito ancora una volta che il chiamato all’eredità, se vi rinuncia, non può essere chiamato a rispondere di nessun debito del de cuius.