Nel mese di giugno la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha concentrato numerose controversie in materia di imposte indirette sul trust in due udienze: il 7 giugno 2019 (le pronunce sono già state commentate nei precedenti articoli) e il 21 giugno 2019. Le pronunce giungono alle medesime conclusioni: il trasferimento di beni dal disponente al trustee non corrisponde a un trasferimento di ricchezza e quindi non comporta l’assoggettamento ad alcuna imposta proporzionale sui trasferimenti; nè esiste un’imposta sulla costituzione di vincoli di destinazione, come era stato invece affermato da un precedente orientamento della Suprema Corte.
Le sette sentenze del 21 giugno 2019 – Cassazione V Sezione Civile, n. 16699, 16700, 16701, 16702, 16703, 16704 e 16705 – sono state lodevolmente accolte dagli operatori del settore, in quanto parrebbe che la Suprema Corte abbia individuato definitivamente il percorso interpretativo per la tassazione degli apporti in trust e i vincoli di destinazione in genere. In queste sentenze la Corte individua e ricapitola i principi chiave contenuti in tutte e sette le pronunce, principi che puntano a diventare i capisaldi, coerenti con la natura del trust, per la sua corretta tassazione.
Innanzitutto la Cassazione ribadisce quanto già evidenziato nelle sentenze del 7 giugno, cioè che la mera costituzione di un vincolo di destinazione non è presupposto autonomo e sufficiente per l’applicazione di una “nuova imposta”, ai sensi dell’art. 2 c. 47 D.L. 262/2006, in aggiunta a quella di donazione e successione: la sola apposizione del vincolo non genera un effettivo incremento patrimoniale, dovuto a un trasferimento di ricchezza, di conseguenza non vi è sintomo di nuova forza economica e capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost.
Gli atti di dotazione in trust, inoltre, non possono essere sottoposti all’imposta proporzionale né di donazione né di registro, in quanto tali atti non sono in grado di esprimere un aumento di capacità contributiva in capo al trustee: soltanto l’eventuale attribuzione finale ai beneficiari potrà considerarsi sintomatica ai fini dell’imposizione, poiché allora si andrà a configurare un reale arricchimento in capo a questi ultimi.
Analoghe considerazioni valgono per l’imposta ipotecaria e catastale sui trasferimenti immobiliari di dotazione del trust. Anche in tal caso (così Cass. n. 25478 del 2015) la mancanza di un effetto traslativo “reale” – con ciò ovviamente intendendosi un trasferimento non stabile, non definitivo e con limitazioni d’esercizio e godimento – osta all’imposizione proporzionale, essendo quest’ultima prevista per la trascrizione di atti «che importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi».
La Corte definisce, in sintesi, l’atto istitutivo e l’atto di dotazione di beni in trust come atti fiscalmente neutrali, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli obiettivi di segregazione e di apposizione di vincoli di destinazione, indipendentemente dalla tipologia di trust in oggetto. Per l’applicazione in misura proporzionale delle imposte di donazione, successione, ipotecaria e catastale è necessario che si realizzi un reale trasferimento di ricchezza, unicamente rinvenibile nel momento dell’attribuzione finale del patrimonio.
Dunque, in ogni tipologia di trust l’imposta proporzionale non andrà anticipata né all’atto istitutivo né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario.
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